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Una norma anti comitati nella manovra economica
da Carta.org Non c’è solo la norma «salva-Fininvest» tra le pieghe della bozza di decreto-legge contenente la manovra finanziaria – attualmente all’esame del capo dello Stato -, ma un’altra amara sorpresa, scovata dagli attivisti veronesi del locale comitato contro il traforo.
L’art. 37, comma 6, lettera s prevede l’aumento da 2.000 a 4.000 euro del contributo da pagare per chiunque – impresa esclusa dalla procedura, privato cittadino, comitato – voglia ricorrere al Tar contro provvedimenti adottati nell’ambito di «procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture». Si tratta di un tentativo ad hoc per dissuadere le contestazioni infatti per le altre materie questo contributo ammonta a 500 [o eccezionalmente a 1.000] euro.
Il Racconto del Babau non funziona più!
Quanto sta avvenendo nelle ultime ore crediamo sia indizio di una trasformazione epocale dentro la composizione politica media di chi frequenta e vive i movimenti sociali. Per la seconda volta (la prima era stata il post 14 dicembre e la sollevazione web contro Saviano) il racconto di autorevoli soggetti del media mainstream di sinistra vengono decostruiti pezzo per pezzo dalla viralità della comunicazione online e dal basso.
Il racconto dei fantomatici “black bloc” si sta sgretolando sotto la presa di parola multipla ed eterogenea di quanti – telefonino, web,e macchinette digitali alla mano – hanno costruito una contro-narrazione sui fatti di domenica 3 luglio a Chiomonte. E’ un passaggio fondamentale che ci testimonia di una maturazione politica importante dentro larghi strati di popolazione italiana. Non è un fatto da poco! La metafora della crescita è quanto mai appropriata. Come il bambino che crsce dismette le paure di mostri fantasmatici, così la presa di coscienza politica di uno scontro in atto (e delle conseguenti forme che esso può assumere) obbliga i molti ad una maggiore e disincantata lucidità, rigettando le semplificazioni macchiettistiche di chi ha tutto l’interesse a mantenere lo status quo.
Noi in questa Valle ci abitiamo voi ci venite da occupanti…a sarà dura!
Gli scontri e i black-block
Da fuori valle sono arrivati qualche decina di pulmann, dall’estero qualche macchina di francesi della Savoia anch’essi no tav e appartenenti per lo più a gruppi autonomisti. Tedeschi, inglesi e spagnoli devono averli visti i poliziotti magari dall’elicottero!
La verità e che le migliaia di valsusini che hanno assediato il cantiere dal lato boschivo di Giaglione e Ramats erano muniti di caschi e mascherine antigas. Niente da stupirsi: dopo il violento sgombero di lunedì scorso da parte delle forze dell’ordine si è deciso di evitare di rimanere intossicati e di proteggersi. Come avevamo annunciato, volevamo assediare il cantiere arrivando alle reti, facendo pressione e dimostrando l’insicurezza della fortezza che hanno installato. Ma appena arrivati a contatto con le recinzioni il lancio di lacrimogeni ad altezza uomo (decine e decine i feriti colpiti da lacrimogeni, alcuni anche gravi con organi interni lesionati e ferite profonde in braccia, gambe e testa) ha creato una situazione di totale confusione e ognuno a cercato di difendersi come poteva. Il lancio di gas è avvenuto ininterrottamente da circa mezzogiorno fino alle 18, e ne i momenti in cui gli agenti aspettavano nuovi rifornimenti di lacrimogeni, venivano scagliate sui manifestanti grosse pietre dall’alto che hanno provocato anch’esse alcuni feriti. Dalla Maddalena a un certo punto sono iniziati a partire anche proiettili di gomma, fino ad arrivare a caricare i manifestanti con una ruspa. Questi sono i fatti da chi ha vissuto il tutto dal di dentro, da chi ha visto a fianco a se gli amici di sempre vomitare l’anima per l’intossicazione o arrivare feriti al presidio per i candelotti ricevuti nelle gambe o nell’addome. Sì, gli amici di sempre che da più di venti anni lottano contro questo sciagurato progetto o i giovani di vent’anni che hanno sentito i racconti di Venaus dai genitori e che oggi sono anch’essi nei boschi e sulle montagne a difendere la loro Valle e il loro futuro Parlare di antagonisti, centri sociali o quant’altro come nodo centrale per spiegare gli scontri di oggi e non capire voler nascondere che in questa Valle il livello di sopportazione verso i sopprusi di questo potere sordo a delle giuste e sacrosante richieste ha oltrepassato il limite. Chiudiamo dicendo che l’obietto prefissato della giornata è stato ampiamente raggiunto: la manifestazione di Giaglione ha raggiunto il nostro presidio in muratura e quello che dovrebbe essere il futuro cantiere è stato occupato per l’intera giornata dai manifestanti obbligando le forze dell’ordine a rinchiudersi dietro una fortezza che dimostra politicamente e praticamente come l’opera non potrà mai essere fatta in queste condizioni. E come avevamo annunciato questo è solo l’inizio di un lungo assedio che durerà fino a che i cantieri non saranno smobilitati._il video della conferenza stampa…
notav: il giorno che l’Italia venne giù
da Notav.info
Se lo dicono Pierferdinando Casini e Pierluigi Bersani e se ha l’avvallo di un ex comunista che ebbe i permessi Cia per andarsene negli States in anni impossibili, allora è vero. E’ tutto vero: è gravissimo quanto è accaduto oggi in Val di Susa. Deve essere vero, perché lo dicono a destra e sinistra non si sa più di che cosa. Deve essere vero se lo afferma “la Repubblica” insieme al “Corriere della Sera”. E, di fatto, è vero. Però non è vero al modo in cui lo intendono questi spettri che deambulano nella storia universale delle meschinerie. Se 70mila persone si mobilitano e vanno a formare una massa che confligge con apparati polizieschi di Stato, significa che è stato abbattuto un filtro decisivo e che si va a compiere quanto è iniziato a slittare dalla tragedia del G8 di Genova: l’Italia è uscita definitivamente da ciò che cominciò nei primi Ottanta. Cambia tutto. Oggi abbiamo assistito a una guerra e siamo attualmente sommersi da un rovinoso tentativo di mistificazione e di disinformazione. Secondo le autorità – non si sa oramai nemmeno loro autorità di cosa e rispetto a chi – i manifestanti erano 6-7mila. Erano invece circa 70mila. Ciò è comprovabile. La giornata è controllabile da qualunque prospettiva, da ovunque, è già compattata in migliaia di archivi digitali, resi disponibili e reperibili on line. Spezzettata e frammentata in un organismo vivente di immagini, suoni, voci. Twitter soprattutto e Facebook in parte hanno canalizzato un’informazione capillare e incontrovertibile da parte di qualunque tentativo di falsificazione. Basta informarsi qui, qui, qui, qui e qui e qui e si potrebbe andare avanti all’indefinito. Eppure il Presidente della Repubblica, questo sir bisnonno d’Italia che tiene tantissimo al 150° compleanno non si sa di chi o di cosa e se proprio o altrui, questo finissimo conoscitore dell’inglese e delle intelligence di mezzo mondo, questo portavoce delle più raffinate ordinanze antisociali e mercantiliste dell’Europa che sarebbe unita non si sa in nome di cosa o di chi – costui ha dunque preso la parola e condannato informando tutti i cittadini della verità che è smentita praticamente da tutta la Rete italiana: “Quel che è accaduto in Val di Susa – sostiene l’anziano migliorista -, per responsabilità di gruppi addestrati a pratiche di violenza eversiva, sollecita tutte le isituzioni e le componenti politiche democratiche a ribadire la più netta condanna, e le forze dello Stato a vigilare e intervenire ancora con la massima fermezza. Non si può tollerare che a legittime manifestazioni di dissenso cui partecipino pacificamente cittadini e famiglie si sovrappongano, provenienti dal di fuori, squadre militarizzate per condurre inaudite azioni aggressive contro i reparti di polizia chiamati a far rispettare la legge”. Parole del Capo dello Stato di Cose. Ecco, non c’è più lo Stato di Cose. Il Presidente è fuori dalla Storia come tutti i Presidenti, così come anche tutti i sodali di un Parlamento che appare oggi, e drammaticamente, distantissimo dal sentire comune. E’ significativo che si manifesti come dominatrice neomediatica l’intollerabile verve populista di Beppe Grillo, con il suo giustizialismo antropologicamente autoritario, col suo antipoliziottismo poliziesco, con la sua ribadita assenza di spiegazioni circa la questione dei suoi sostenitori bancarii. E’ significativo perché c’è il Comico contro il Re, a vederla da fuori. Il frame da indurre nelle menti beote sarebbe: le parole di Beppe Grillo vs le parole della Politica e dello Stato di Cose. Frame errato, ovviamente. Poiché oggi sono in convergenza molteplici frame in Val di Susa, luogo che rischia davvero di diventare, magari anche soltanto emblematicamente, il Vietnam di questa classe dirigente. Senza neppure desiderare di entrare nella questione di merito circa il progetto TAV, è evidente che siamo di fronte al crollo del paradigma fintopacifista ed ex borghese, alla saldatura trasversale di classi anagrafiche che fa crollare il tentativo statuale di imporre al Paese come modello unico la lotta tra generazioni, all’ipocrisia di un’Europa che dovrebbe essere unita soltanto nelle lordure e non nelle proteste (non si capisce perché dovrebbero protestare soltanto gli italiani e non contestatori francesi o inglesi o tedeschi, visto che peraltro si dice di volere il cantiere TAV per rimanere agganciati all’Europa…). Migliaia, decine di migliaia di persone che vanno tra alberi e coste a bosco, vecchi bambini donne giovani maschi e sindaci e parenti e serpenti e chiunque abbia desiderato manifestare – che popolo è? Sono gli inquietanti black-block? Sono gli scalmanati sbarazzini di un tempo? Sono i violenti mestatori che fecero e fanno e faranno scendere la notte sulla Repubblica? E che dire del bouncing che l’informazione degli old media ha subìto e sta tuttora sperimentando di fronte agli scotimenti della testa di mezzo mondo, che risponde su Twitter al monologo sempreguale del potere italiano e delle sue leggi d’emergenza eternamente in vigore? Non si parla qui soltanto dei telegiornali berlsuconiani, e cioè tutti tranne il tg3, che sarà sicuramente un telegiornale napolitano. A vedersi escluso dalla storia è il generale atteggiamento di un’intera classe, politica e giornalistica e opinionistica e preoccupata e meditabonda. Non vale affatto il rovesciamento pasoliniano tra borghesi rivoluzionari e poliziotti proletari. I proletari che furono tali, in Italia, secondo l’Istat, sono oggi ben felici del padronato. Però qualcosa sfugge allo schema. Qui e ora si è al di là dell’operaiato fordista e postfordista e di tutte le categorie che hanno retto trent’anni di vicariato della politica in Italia. Senza aderire minimamente alle analisi da Toni Negri dei poveri spiriti, la manifestazione diffusa della violenza e della mobilitazione in un contesto non urbano, anzi naturale, ma con la visuale perenne della connessione, lascia intendere fino a quale profondità sia giunta la frattura tra lo Stato di Cose e le persone che costituirebbero il popolo che si riunirebbe teoricamente nello Stato stesso. Il quale Stato si fotte bellamente dello stato di cose non napolitano, ma napoletano. Il quale Stato effettua una manovra economica doppia rispetto alla greca, però tra un anno, a ribadire l’urgenza che c’è di vararla e che impoverirà ingiustamente, in nome della finanziarizzazione dell’esistenza, milioni di italiani. Il crollo delle maschere e la diffusione transnazionale delle notizie stanno testimoniando che si compie una facile profezia in Italia, al di là di ingiustificati entusiasmi primaverili: la gente si è rotta i coglioni e, se si rompe i coglioni, non è che si confronta con il televisore – va direttamente dall’unico possibile rappresentante che lo Stato di Cose può schierare di fronte ai cittadini oggi, cioè il Poliziotto. Questo atto è testimoniato. Inizia di un totale inizio una lunghissima battaglia, che è in realtà una guerra, anzi: più guerre. Si incendiano zone sovrapposte del vivere civile: le lotte per l’ambiente, per la dignità della vita, per i diritti inalienabili di un’etica universale, per l’uguaglianza, per l’abbattimento dei filtri all’informazione diffusa. Ogni inizio segna una fine. Oggi terminano in Italia gli anni Ottanta e Novanta e Zero Zero – compiendo quella trasformazione che ha in piazza Alimonda a Genova il cominciamento autentico e sanguinario di questo inizio.
DOMENICA 3 LUGLIO TUTTI A CHIOMONTE MANIFESTAZIONE NAZIONALE NO TAV
l’assemblea tenutasi a Bussoleno è appena terminata. notizie appena giunte parlano di varie mobilitazioni a Torino MA QUELLA che chiama l’ITALIA intera a schiena dritta a partecipare si terrà DOMENICA 3 LUGLIO A CHIOMONTE,appena ci saranno comunicati ufficiali verranno postati sulla pagina dell’evento.
CHI NON PUO’ VENIRE NON PERDA NEANCHE TEMPO A SCRIVERLO MA AIUTI I RESISTENTI DIFFONDENDO L’EVENTO (http://www.facebook.com/event.php?eid=247534591926970)…
Proposte per l’estate…
8° festa palestinese-1/2/3 luglio-Bovezzo-Parco Urbano
Vi invitiamo a partecipare all’ottava edizione della nostra festa dedicata quest’anno a Vittorio Arrigoni e Giuliano Mer-Khamis che hanno dedicato la loro vita alla causa del popolo palestinese.
In seguito vi sarà comunicato il programma dettagliato delle tre serate.
Chi è disponibile ad aiutarci, anche per qualche ora, è pregato di rispondere a questa mail specificando giorno,tempo e settore che preferisce in modo da organizzare al meglio le ns attività.
Naturalmente tenendo presente che l’aiuto richiesto è anche per un paio giorni prima ed un giorno dopo.
Vi aspettiamo in tanti e vi ringraziamo per sia il vostro contributo sia per la divulgazione della ns iniziativa.
Alfredo x Associazione di Amicizia Italia-Palestina, circolo di Brescia
SERIO ROCK FESTIVAL volume 10
Pontida Comics
Ritorna anche quest’anno il più grande appuntamento per gli appassionati di fantasy, giochi di ruolo, combattimenti tra elfi oscuri e commercialisti in nero, evasione fiscale, luoghi comuni e razzismo.
Sì, stiamo parlando dell’ormai consueto Festival di Pontida Comics, dove orde di orchi, elfi, nani e concessionari Dacia si raduneranno per avere per una volta l’impressione di vivere nel loro mondo immaginario, degno del miglior Tolkien.
La loro Terra di Mezzo si chiama Padania, e al pari di quella creata dall’estro dello scrittore inglese, è una regione geografica completamente inventata con un cocktail di riti, tradizioni e popolazioni anch’esse partorite dal magico mondo della fantasia e dell’opportunismo.