FRANCIACORTA: IN ARRIVO IL REGOLAMENTO BLUFF SUI FITOFARMACI

da radioondadurtofranciacorta

Aprile sarà il mese in cui arriverà, nei consigli comunali dei paesi franciacortini, il nuovo regolamento sull’uso dei fitofarmaci e dei prodotti chimici sui vigneti.

Si tratta di un testo assemblato dal Consorzio Vini, visionato dalle amministrazioni e dalle commissioni ambiente comunali, che diverrà regolamento nei 19 paesi che appartertengono all’area DOCG.

La redazione  di ROdU ha ottenuto una copia del testo, che potete scaricare in fondo al post, l’ha letto e ve ne propone una critica.

Il documento parte con tre pagine introduttive nelle quali emergono, fin da subito, alcune contraddizioni: da un lato si fanno dichiarazioni altisonanti sul valore paesistico ed ambientale dei vigneti, dall’altra si cerca di spiegare i motivi per i quali si vuole regolamentare l’uso dei pesticidi che, ci dice il consorzio, non costituiscono pericolo per persone e animali visto che rispettano le normative vigenti. Questa contraddizione diviene imbarazzante a pagina 3 dove si incolonnano diverse affermazioni nelle quali i fitofarmaci e i loro residui (tutto quello che non si ferma sul “bersaglio” ma si sparge altrove) sono dichiarati “senza alcun effetto nocivo”, “efficaci”, “senza effetti inaccettabili per l’ambiente” tanto da far sorgere la domanda: allora perché regolarne l’uso?

La risposta è da ricercare nelle sempre maggiori preoccupazioni espresse dalla popolazione residente, la quale si rende conto in prima persona degli effetti nocivi sull’ecosistema dell’uso intensivo degli agrofarmaci. Una preoccupazione che non riguarda solo i cittadini più sensibili o le associazioni ambientaliste e i comitati, ma investe di responsabilità anche gli organi eletti, tanto che alcune amministrazioni (ad es Cortefranca) hanno trattato il problema anche nei loro programmi elettorali. Per questo il consorzio (e in seconda battutta le amministrazioni) tenta di mettere le mani avanti e si appresta a rendere operativo un regolamento che però, a nostro parere, di “sosanza” ne ha ben poca.

D’altro canto non poteva che essere così: ridurre un tema tanto complesso come le ricadute dell’industria dello spumante sull’ambiente al problema, pur importante, dei trattamenti è certamente un forzatura che lascia troppe questioni inevase.

Partiremo quindi dall’esplicitare quello che non c’è nel documento in modo da ribadire la nostra posizione sull’argomento e contemporaneamente, analizzare il poco che viene scritto nelle 15 pagine di regolamento.

L’argomento evitato come la peste è quello, a nostro parere, centrale: la monocultura. Non serve essere agronomi per sapere che concentrare la produzione agricola di un territorio su un’unica cultura la espone inesorabilmente all’attacco di agenti patogeni, insetti o malattie che siano. Si poteva scrivere nel regolamento che, al fine di ridurre l’esposizione delle piante, si suggerisce l’incremento della biodiversità nei campi? Si poteva suggerire o incentivare, anche in Franciacorta, la diversificazione produttiva? Nessuna frase del documento accenna minimamente a questa questione.

Altro argomento schivato, se non per alcuni accenni dovuti alla nuove norme europee in merito, è quello della conversione totale alla lotta integrata e all’uso diffuso delle tecniche biologiche. Nel regolamento si dice che il 75% del territorio vitato utilizza già la lotta integrata. Ma la velocità e la noncuranza con cui viene trattato quest’importante modernizzazione ci fa credere che la questione venga di molto sottovalutata dal Consorzio. Possibile che il territorio, nel suo complesso, non riesca a porsi degli obiettivi riguardo a questa importante innovazione agronomica lasciando la questione nelle mani di, poche e meritevoli ma pur sempre limitate, decisioni aziendali?

Non si dice, nel regolamento che abbiamo letto, che l’inerbimento può essere mantenuto anche sotto cultura senza inficiare la produzione o la qualità dell’uva e si chiede solo di diminuire i diserbi portandoli ad un massimo di tre per stagione. Questa pratica dell’uccidere con la chimica le erbe che crescono sotto la pianta è, ovviamente, molto dannosa per l’ecosistema (fino a essere causa della morte di piccoli animali) e potrebbe essere totalmente abolita attraverso l’uso di metodi meccanici di aratura. Inoltre in Franciacorta persistono ancora vigneti completamente brulli e senza erba, pur sapendo ormai tutti che, un vigneto collinare senz’erba non è solo “brutto da vedere” ma, se abbinato all’eliminazione dei terrazzamenti e delle conche, pericoloso per la tenuta idrogeologica dei versanti collinari (vedi inondazioni e crolli ad nel settembre scorso causati, a monte, proprio da vitigni non completamente inerbiti, in declivio e con filari perpendicolari alle colme).

Altra occasione mancata è quella di non vietare nessun prodotto che non sia già vietato dalla legge. Anche per i prodotti tossici e molto tossici non si trovano limitazioni sostanziali nel regolamento. Tossici e molto tossici… le parole vorranno pur dire qualcosa?

Non si pongono limitazioni nemmeno rispetto ai macchinari utilizzabili per spargere i trattamenti. A parte gli aerei (??!!??) si specifica che van tutti bene purché facciano manutenzione ogni 3 (o 5) anni.  Si citano poi dei macchinari (a piastre) che non lascerebbero residui e grazie ai quali, non ci si dovrebbe attenere al regolamento. Qui la domanda è: ma se il regolamento sostanzialmente, non impone nulla, perché le cantine dovrebbero attrezzarsi con questi nuovi macchinari?

Altra colpevole mancanza è lasciare in vigore, senza nemmeno citarlo nel documento, il metodo di intervento in capo secondo calendario. Un territorio con così ampio margine di profitto fra litro di vino prodotto e quantità di territorio coltivato dovrebbe trovare le risorse per generalizzare una più corretta gestione dei trattamenti attraverso una preventiva verifica in campo da parte di personale esperto che valuti le reali esigenze della pianta. A lungo andare questo metodo diverrebbe anche conveniente economicamente.

Cosa rimane quindi del regolamento sui fitofarmaci in via di approvazione?

Sostanzialmente tutto si riduce ad un vademecum delle buone pratiche per operai agricoli addetti all’irrorazione: vengono elencate banali attenzioni allo stoccaggio in azienda dei prodotti, viene chiesto il recupero delle acque usate per i lavaggi delle macchine (fa sorridere pensare che quelle acque contaminate non finiscano nei tombini ma vengano “riutilizzate” per i successivi trattamenti ma, ovvio, speriamo che succeda),  vengono dettagliate le distanze dalle aree di confine o sensibili (scuole, asili, abitazioni, pozzi o ruscelli) dove comunque si potrà trattare ma con l’attenzione al vento, alla direzione dello spruzzo, alle manovre del trattore con atomizzatore acceso.

Ogni agricoltore cosciente e responsabile, anche quando spruzza solo lo zolfo o il rame, presta già queste attenzioni anche se finora non c’era un regolamento a imporglielo.

Allora perché questo regolamento?

La nostra risposta è che si tratta di fumo negli occhi, condito dall’ennesima, abile, strategia pubblicitaria messa in campo dal Consorzio Vini.

Per carità, nulla di illegittimo, ma forse qualcosa di scorretto si.

Scorretto fin da quando, pur sapendo dell’interesse verso il tema, si è scelto di non aprire la discussione con le popolazioni residenti. Scorretto quando si è deciso di non accettare nessuna delle istanze presentate da diversi cittadini e associazioni all’interno delle commissioni. Scorretto in quanto ha approfittato dell’accondiscendenza degli amministratori per giocare una partita truccata fin dal principio.

Crediamo che sia innegabile che la viticultura, oggi in Franciacorta, abbia un ruolo economico centrale. Sappiamo che molte persone ci lavorano e ne ricavano un reddito. Vediamo tutti i giorni l’incidenza sul paesaggio, non sempre positiva, che quest’industria produce.

Crediamo anche però che per la Franciacorta sia arrivato il momento di discutere collettivamente in che direzione andare. Ed essere seri significa anche porre sul piatto il rischio di crisi che potrebbe colpire il settore dello spumante. Già oggi si accumulano migliaia di bottiglie invendute e siamo, per capacità produttiva, ben oltre il doppio delle possibilità di vendita.

Crediamo che il rilancio necessario passi da una nuova progettazione ampia e condivisa sul territorio da cui scaturisce (anche ma non solo) il prodotto.

Detto più semplicemente, crediamo che sia esaurito il tempo degli imbrogli nei quali era possibile vendere una cartolina patinata ma irrealistica dei luoghi collegati ad un Brand. E’ l’ora di tornare concretamente e solidamente agli investimenti sulla qualità del vivere, del paesaggio, dell’ambiente.

L’idea di Parco Agrario della Franciacorta va in questa direzione e, insieme alla lotta contro lo scandalo del “caporalato” durante la vendemmia, deve divenire centrale nelle future battaglie della popolazioni e delle associazioni per garantire il futuro degli 80.000 franciacortini.

regolamento pag pari

regolamento pag dispari