COMUNICATI SULLA REPRESSIONE DEI MOVIMENTI PER LA CASA

Centro Sociale 28 maggio di Rovato (Bs)

vi invita

venerdì 24 febbraio alle ore 20.30

ad una serata di discussione sulla condanna comminata a tre compagni del movimento antisfratti di Brescia e provincia. Ormai si contano a centinaia le attiviste e gli attivisti imputati in decine di processi per  reati di “solidarietà”, non possiamo far finta di niente, è importante trovarci per fare il punto della situazione e programmare la nostra risposta.

All’emergenza abitativa loro rispondono con  processi e condanne ai solidali: e noi cosa facciamo?

Al disagio sociale creato dalla crisi e dal neoliberismo sfrenato che estorce il plusvalore anche dalla miseria loro reagiscono con il dispiegamento di strumenti repressivi anticostituzionali come il DASPO urbano e misure per prevenire l’occupazione di immobili: e noi cosa facciamo?

Siamo sempre più sotto attacco e una risposta unitaria è improrogabile. Vi aspettiamo numeros*.

LA SOLIDARIETÀ È UN’ARMA: USIAMOLA !!!

 

Roma 1974. Presepe a Casalbruciato. Tano D’ Amico

REATO DI SOLIDARIETÀ

Prendiamo atto che nell’ordinamento giuridico si inserisce un nuovo reato: il reato di solidarietà.

Il 14 febbraio 2017 il tribunale di Brescia ha inflitto tre condanne a militanti della lotta antisfratti di questa città e della sua provincia.

A Claudio Taccioli del Comitato antisfratti/dirittoallacasa la giudice ha comminato 1 anno, a Beppe Corioni del Centro Sociale 28 maggio di Rovato 10 mesi, e a Elena Nodalli dell’Associazione “diritti per tutti” 6 mesi.

Questa criminalizzazione di solidali è volta a scoraggiare chi davanti all’ingiustizia sociale decide di battersi contro una legalità che nega i diritti fondamentali dell’essere umano.

Quando le leggi che dobbiamo rispettare sono in contraddizione con i principi di umanità e solidarietà come ci dobbiamo comportare? Possiamo essere insensibili all’umana sofferenza e, in questo caso specifico, davanti ad una famiglia con due bambini in tenera età di cui uno disabile al 100% che vivono sfrattati per povertà in un furgoncino, girare la testa dall’altra parte e non correre loro in soccorso?

La risposta per noi è quella che vede anteposti sempre i principi generali e universali dell’essere umano a cui pensiamo che lo Stato debba con leggi giuste dare attuazione e non disdetta. In caso contrario, per un elementare principio di civile convivenza, ci sentiamo chiamati ad azioni di solidarietà, che suppliscano, in questo come in molti altri casi, alle carenze legislative e alla mancata attuazione dell’articolo 2 della Costituzione Italiana:

“La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.”

E la Costituzione “dovrà essere fedelmente osservata come legge fondamentale della Repubblica da tutti i cittadini e dagli organi dello Stato”, come dice la sua XVIII disposizione finale.

Nel nostro caso la famigliola ora ha trovato collocazione in una casa Aler, e questo grazie all’intervento dei solidali che, entrando negli uffici dei servizi sociali del Comune di Mazzano, hanno chiesto un incontro con chi aveva il dovere di intervenire.

Reato di soccorso? Reato di solidarietà? Reato di umanità?

Questa sentenza dimostra l’aperta ostilità delle istituzioni per le lotte sul territorio che contrastano la crisi che ci attanaglia. Lo Stato si serve spesso delle risorse di mobilitazione spontanea quando si esplicano nel volontariato, evitando in tal modo di impiegare risorse proprie, ma quando le stesse sono messe al servizio dei più deboli, dei più poveri e degli ultimi, allora lo Stato si vendica. Questa vendetta ha dalla sua il silenzio di chi è rassegnato, di chi non capendo le responsabilità della crisi le imputa all’anello più debole della nostra società: gli immigrati e i profughi. Questa “maggioranza silenziosa” non è più una società, perché grazie alle politiche ultraliberiste dominanti la società non esiste più, ridotta ad un insieme di individui accomunati solo dall’avere un nemico comune e indifferenti a tutto ciò che li circonda in un’orgia di egoismo demenziale.

Se portare soccorso, dare solidarietà attiva, trovare soluzioni è un reato, allora noi tutti ci dichiariamo pubblicamente colpevoli. Ma a questo punto va ricordato che esistono nel diritto penale italiano anche i delitti di omessa solidarietà, come l’abbandono di persone minori o incapaci e l’omissione di soccorso. I loro principi ispiratori si fondano sul dovere di solidarietà che riflette il principio solidaristico della Costituzione, che si erge per promuovere i comportamenti encomiabili e per indirizzare il nostro agire verso una condotta doverosa. Il legislatore in questo caso si è preoccupato di suggerire un modello etico-culturale e di relazioni umane in contrasto con la società “liberistica”. Trattandosi di un dovere, il soccorso deve essere prestato anche nel caso che sia gravoso o pericoloso per chi deve adempierlo. In questo caso sono proprio la vita e l’incolumità personale a essere tutelati come beni di primissimo rango. A maggior ragione quando sono dei minori ad essere in pericolo. In questi casi, dice il codice penale, gli obbligati a prestare soccorso, cioè tutti i cittadini, devono rivolgersi “all’autorità”, come hanno fatto i solidali condannati !!!

Ci possiamo allora chiedere: chi è fuori legge? chi non ha prestato assistenza? I solidali condannati da una giustizia ingiusta, che con la loro azione hanno dato sostanza al dettato costituzionale, o chi, avendo giurato sulla nostra Costituzione, ha mancato una volta ancora al suo compito istituzionale?

   Centro Sociale 28 maggio

 

Lotta per la casa Roma 1970. Tano D’ Amico

COMUNICATO SULLA REPRESSIONE

“Sia chiaro che la condanna nei confronti dei militanti della lotta per il diritto alla casa di Brescia, non colpisce solo i diretti interessati: Claudio condannato a 12 mesi, Beppe a 10, Elena a 6.

E’ un atto diretto contro l’insieme del movimento di lotta che da 7 anni, almeno, si batte senza tregue su tale terreno.

E’, in tal senso, un’azione di particolare ferocia e violenza che lascia intravedere il disegno preciso di smantellare, del tutto, la capacità di resistere e di disobbedire collettivamente all’attuale legislazione vigente in materia. Di più, di bloccare, per il futuro prossimo, qualsivoglia pratica di mobilitazione che ostacoli i conduttori autorizzati dello stato delle cose presenti; quali siano le misure, anche più clamorosamente impopolari,  intenzionati a mettere in atto.

Se, per un istante, si pensa alla disparità fra l’azione solidale intrapresa a fianco di 2 bambini (uno dei quali invalido al 100%) e i loro genitori, abbandonati da diversi giorni in un furgoncino “Ducato”, dopo lo sfratto esecutivo, nel parcheggio di fronte al comune di Mazzano. Un’azione, detto per inciso, durata non più di 2 ore, con, al suo interno,  un incontro decisivo per sistemare dignitosamente la famiglia.

Se si pensa che, a seguito di quell’azione solidale che non provocò danni alle persone e neppure alle cose, la famiglia iniziò un percorso virtuoso con, alla fine, l’attuale collocazione in un appartamento ALER; e, in più, fatto non trascurabile, la nascita di un altro bambino.

Se si pensa a questo e alle pene comminate, risalta una differenza sproporzionata, anche in termini di mera giustizia borghese.

Viene alla luce, un preciso disegno di colpire, nei militanti più determinati e attivi, l’insieme del movimento.

Di avvertirlo che certe cose non saranno più tollerate; sia sul terreno della lotta per il diritto alla casa che su ogni altro dettato dalle urgenze e dalle capacità militanti.

Il terreno delle contraddizioni di classe e delle lotte diffuse, dove si misurano le qualità dei diritti e la dignità delle vite. Dove si mettono in discussione le regole del profitto e delle sue strutture di supporto.

Nelle arringhe, troppe volte ascoltate, del PM e nella conseguente sentenza, escono, senza fronzoli e con brutalità legalizzata, proprio queste intenzioni.

Quella di martedì 14 febbraio è la prima sentenza su queste questioni, almeno qui a Brescia. La caterva di denunce scatenate contro i militanti più attivi, ne fanno intravedere altre. Anticipate, già ora, dai DASPO politici come quello che ha colpito il nostro compagno Eugenio; per 3 anni non potrà entrare nel territorio di Capriolo.

Come sempre, per noi non una sorpresa, lo Stato e i suoi servi attivano tutte le risorse della macchina repressiva tenuta ben oliata. Colpiscono con una ferocia e una violenza esclusive e sproporzionate che la “loro” legalità non può assolutamente mitigare.

Centinaia di famiglie salvate dalla strada, dalle discariche sociali, dall’incuria dei servizi sociali, dalla dissoluzione legalizzata, sono la vera prova inconfutabile delle nostre colpe.

Questo ci condanna e ci condannerà perché, da parte nostra, non c’è alcuna intenzione di cessare quello che riteniamo il giusto agire per il diritto alla vita di ciascuno, quale sia la sua condizione economico-sociale.

Conosciamo alla perfezione il prezzo che lo Stato e i suoi servi ci faranno pagare, ma nulla ci impedirà di batterci a fianco dei dannati, degli esclusi, degli sfruttati della Terra.

A TESTA ALTA E A QUALSIASI COSTO!

Il comitato

“ANTISFRATTI/DIRITTOALLACASA di Brescia”

 

GIUSTIZIA, DEA BENDATA O TROPPO STRABICA?

 Il Partito della Rifondazione Comunista denuncia come abnorme la condanna che il tribunale penale di Brescia ha emesso nei confronti di tre attivisti della lotta contro gli sfratti, misura crudele che priva dei più elementari diritti umani, tanto sbandierati nei decenni scorsi per giustificare addirittura l’intervento militare contro stati sovrani, le persone e le famiglie gettate ai margini della scala sociale dalla crisi che imperversa in forme sempre più drammatiche ormai da un decennio.

Sembra di essere tornati ai tempi della prima esplosione del dominio della società borghese, quando un filosofo, forse suggestionato dalla realtà dei rapporti sociali che cominciavano a diventare dominanti, usò la formula homo homini lupus “l’uomo è un lupo verso l’altro ‘uomo”. Sembra che questa sia la società che si è imposta, cancellando la visione di un altro filosofo, suo contemporaneo, che, mirando alla solidarietà tra gli uomini, sosteneva che homo homini deus, cioè “l’uomo deve essere dio per l’altro uomo”.

Nell’esprimere il più completo sostegno a Claudio Taccioli, Giuseppe Corioni, Elena Nodalli, confessiamo di essere in qualche modo complici di questo che si potrebbe chiamare “reato di solidarietà”, visto che ospitiamo le riunioni del Comitato antisfratti/dirittoallacasa, una delle realtà di lotta che sono state colpite dalla sentenza nella persona di militanti significativi.

Oltre al chiaro significato di classe di una simile sentenza, che smentisce l’immagine della dea bendata con cui gli antichi molte volte raffiguravano la giustizia – immagine che in qualche modo rivive anche nella scultura posta nell’atrio del Palazzo di Giustizia bresciano – in quanto è una sentenza che porta con sé un chiaro significato intimidatorio contro i protagonisti di questo “reato di solidarietà”, essa sembra avere un acido sapore di discriminante all’interno del campo stesso di chi sta lottando per la difesa delle condizioni di vita dei più deboli, in particolare dei minori d’età e di chi si trova in condizione di non poter provvedere a se stesso ed alla sua famiglia.

A questo sembrava alludere la dichiarazione spontanea fornita al termine del processo da uno degli imputati assolti, il quale ha sottolineato il proprio disagio nel constatare il diverso trattamento riservato a se stesso rispetto ad altri compagni, pur avendo egli stesso commesso e rivendicato di aver compiuto le stesse azioni dei condannati.

Giustizia doppiamente occhiuta, invece che bendata, allora?

A questo si aggiunga che il dovere inderogabile di solidarietà politica, economica e sociale è uno dei cardini sui quali si basano i valori della Costituzione della Repubblica italiana, alla quale i cittadini italiani hanno recentemente e solennemente riconfermato la loro fedeltà.

Non sarebbe allora buona cosa che le istituzioni, che della Costituzione dovrebbero essere i garanti e gli esecutori, non fossero né cieche né strabiche, ma fossero davvero mirate ad affermare e consolidare questi valori?

Segreteria della Federazione di Brescia del Partito della Rifondazione Comunista

 

UNA SENTENZA INGIUSTA E CONTRADDITTORIA

Stamattina, se ce ne fosse stato bisogno, ho avuto un’ulteriore prova dell’arbitrarietà e dell’ingiustizia di quella che chiamiamo la “giustizia borghese”. Dieci compagni impegnati nella lotta contro gli sfratti sono stati processati. Sette sono stati assolti, tre condannati. Dei condannati, due appartengono al Comitato Antisfratti diritto alla Casa (condannati a 1 anno e a 10 mesi rispettivamente) ed una all’Associazione Diritti per Tutti (condannata a 6 mesi). Il tutto per una lotta avvenuta nel 2013 a Mazzano, in cui c’era stata una mobilitazione per difendere una famiglia sfrattata che viveva da giorni in un furgone parcheggiato, in segno di protesta, davanti al municipio. Agli imputati si contestava il “terribile” reato di “interruzione di pubblico servizio”, un’interruzione che non è mai avvenuta, come si evince dalle varie testimonianze non solo degli imputati, ma persino dalle contraddittorie e lacunose “testimonianze” di vigili e carabinieri, intervenuti in loco. Il PM, il famigerato dott. Cassiani, noto a Brescia per il suo accanimento contro tutto ciò che si muove “contro” l’ordine stabilito, aveva addirittura chiesto un anno e dieci mesi per due degli imputati poi condannati a pene meno pesanti (tra i quali un militante di Sinistra Anticapitalista), e dieci mesi per tutti gli altri (con una sola eccezione). Il dibattito processuale ha mostrato quanto sia giustificato il “pregiudizio” ideologico che nutriamo nei confronti della “giustizia borghese”. A nulla sono valse le contraddizioni dei testi dell’accusa, a nulla le puntuali contestazioni degli avvocati della difesa. La giudice, palesemente distratta e poco interessata a quanto dicevano gli imputati (che spesso dovevano interrompere la loro deposizione di fronte al fatto che la giudice, invece di ascoltare con attenzione e serietà, continuava a parlottare con il cancelliere seduto al suo fianco) ha deciso in modo che a lei sarà parso “salomonico”: fare a metà tra le richieste assurde e ingiustificate (anche dal punto di vista della stessa legge borghese) del PM e le richieste di assoluzione della difesa. Ora la difesa presenterà, ovviamente, appello. Nel frattempo le lotte contro gli sfratti dei due comitati non si fermeranno, com’è giusto, visto che nessuna repressione può bloccare una lotta che negli ultimi cinque anni ha coinvolto centinaia di famiglie e di militanti. La nostra totale e incondizionata solidarietà ai compagni colpiti dalla repressione e ai due comitati di lotta.

Sinistra Anticapitalista, circolo “Guido Puletti” – Brescia

 

AL FIANCO DEI COMPAGNI COLPITI DALLA REPRESSIONE

(Rete Antifascista di Brescia)
Un sistema sociale per gran parte fondato sull’inumana ottusità di un apparato legale ideato per soddisfare il tornaconto di un potere che calpesta e umilia i più deboli, non può che produrre miserie e violenze.
E in un simile sistema sociale, chi si batte per i diritti di tutti e tutte, chi ancora si ostina a percorrere “in direzione ostinata e contraria” la strada della solidarietà, non può che apparire come un fuorilegge. Lo scorso 14 febbraio il tribunale di Brescia ce ne ha data l’ennesima conferma, infliggendo tre pesanti condanne ad altrettanti militanti della lotta antisfratti che agisce a Brescia e provincia; tutto questo per aver tentato di difendere strenuamente una famiglia costretta a vivere in condizioni disumane. Chi sono i criminali? I compagni e le compagne che si battono affinché chiunque possa avere il diritto di vivere degnamente, o i banditi dai mille volti che per i loro sudici interessi producono tutti i giorni soprusi e brutalità?
Non si può non pensare all’orrendo controsenso di un sistema impregnato di violenza e repressione, e che tuttavia esige dalle proprie vittime obbedienza, silenzio e disciplina. Come Rete Antifascista non possiamo che essere al fianco dei compagni colpiti dalla repressione di una legalità che contrasta con le leggi della coscienza, del cuore, della solidarietà, dell’umanità; e siamo contro una società che qualcuno vorrebbe soltanto improntata al disprezzo, una società per la quale è normale che il tragico spettro fascista possa godere di spazi in cui organizzare e pianificare il proprio odio; in definitiva, non possiamo che schierarci contro un sistema assurdo che punisce i solidali, che penalizza gli oppressi e sovente gratifica gli oppressori.

Rete Antifascista di Brescia

 

Processo per l’occupazione del Comune di Mazzano: 3 condanne e 7 assoluzioni

Processo per l’occupazione del Comune di Mazzano in provincia di Brescia: 3 condanne e 7 assoluzioni. In Tribunale alla sbarra c’erano dieci attiviste e attivisti: 6 di questi sono dell’Associazione diritti per tutti. I fatti contestati dalla Procura risalgono al 30 settembre 2013 e riguardano l’occupazione del Comune di Mazzano per chiedere una soluzione abitativa concreta per una famiglia rimasta senza casa in seguito ad uno sfratto e che era costretta a dormire in un furgone, parcheggiato davanti al Municipio. I capi d’imputazione vanno dall’invasione di pubblici terreni, interruzione di pubblico servizio e violenza privata ad oltraggio a pubblico ufficiale. Riportiamo la nota dell’Associazione Diritti per tutti sul processo: “Dal punto di vista politico, una sentenza grave perchè criminalizza un’azione di conflittualità sociale messa in atto per trovare una soluzione all’ improcrastinabile emergenza abitativa di una famiglia sfrattata costretta a vivere con due bambini, uno dei quali invalido, in un furgone davanti al municipio di Mazzano per la mancanza di assistenza da parte del Comune. Dal punto di vista giuridico la sentenza presenta invece incongruenze e illogicità: 3 imputati sono stati condannati (a 12, 10 e 6 mesi) e altri 7 sono stati assolti; l’occupazione di pubblico edificio e l’interruzione di pubblico servizio sarebbero state quindi commesse da soli tre imputati e ciò appare piuttosto inverosimile; inoltre uno degli imputati assolti ha dichiarato e rivendicato la partecipazione e l’organizzazione di questa protesta, definendola legittima, prima nel suo interrogatorio e poi con una dichiarazione spontanea poco prima che la giudice si ritirasse per la decisione. Mentre una imputata, condannata invece, era addirittura arrivata in un secondo momento in comune e comunque dopo che altri imputati, assolti, erano già sul posto.”

Associazione diritti per tutti.

(14.02.17) BRESCIA. UNA COMPAGNA E DUE COMPAGNI CONDANNATI PER REATO DI SOLIDARIETA’

(UNIONE inquilini DI Bergamo e provincia)
Questa mattina un GIUDICE ha condannato i compagni Claudio, Beppe ed Elena del movimento di lotta per la casa di Brescia rispettivamente a 1 anno, 10 mesi, 6 mesi. L’accusa è quella di aver promosso la protesta avvenuta il 30 settembre 2013, dentro la sede dei Servizi sociali del comune di Mazzano (bs). In quell’occasione la mobilitazione salvò una famiglia sfrattata che era stata abbandonata su un furgone, in mezzo ad una strada. In seguito alla protesta, la famiglia (madre, padre e due bambini, uno dei quali invalido al 100%) fu finalmente collocata in una situazione abitativa dignitosa e successivamente – seguendo regolarmente la graduatoria – in un appartamento ALER. Una protesta cioè che aveva evitato che le istituzioni continuassero a commettere una ingiustizia pesante e palese nei confronti di una famiglia che aveva perso la casa. A quasi quattro anni di distanza, non vengono sanzionate le istituzioni inadempienti, ma coloro che, attraverso le pratiche di mutuo soccorso e di resistenza, hanno dato una risposta concreta alla solitudine e alla disperazione generate dalla crisi economica e dalle politiche di austerità. Ciò significa che la strada è ancora lunga. Noi siamo solidali con i compagni Claudio, Beppe ed Elena: siamo anche sicuri che a percorrere la strada della lotta ci saranno sempre più donne e uomini tanto che non ci saranno più giudici a sufficienza per condannarci tutte e tutti per il reato di solidarietà.

 

Assieme a tutte le forze , le compagne ed i compagni di Eurostop, esprimo tutta la solidarietà politica e personale a Claudio, Beppe ed Elena, condannati da una sentenza profondamente ingiusta. Se la solidarietà verso chi ne ha bisogno diventa reato, allora anche noi ci sentiamo profondamente sentitamente complici di chi questo reato lo commette. Grazie del vostro impegno e del prezzo che pagate cari Claudio, Beppe, Elena, vi abbracciamo e siamo a disposizione per tutte le iniziative necessarie a fronteggiare questo nuovo atto della repressione che colpisce sempre più diffusamente chi lotta per affermare i principi ed i diritti sanciti dalla Costituzione antifascista.
Siamo con voi
Giorgio Cremaschi
Le compagne ed i compagni di Eurostop

 

Caro Beppe,
ti scrivo innanzitutto perché ti giunga la mia solidarietà per l’ingiusta e odiosa condanna che è stata inflitta a te, a Claudio ed Elena da parte di uno Stato vile e ipocrita che ha totalmente smarrito e vilipeso il contenuto più autentico della Costituzione, oltre che il più elementare senso di umanità e di giustizia. Se non si combattesse come voi fate il sopruso che sempre colpisce i più deboli, i confini della cosiddetta legalità sarebbero ancora quelli dello Statuto albertino. Ogni progresso, anche il più tiepido, è stato sempre e ovunque possibile solo con l’indignazione e la rivolta. Grazie! Ti prego di trasmettere i miei sentimenti di affetto anche a Claudio ed Elena. Mi sono permesso di girare il bellissimo comunicato che avete fatto al sito nazionale di Rifondazione perché sia subito pubblicato.
Un forte abbraccio
Dino Greco

Roma 16.2.2017
Caro Beppe Corioni,
di fronte alla violazione dei diritti inviolabili dell’uomo, quelli che vengono definiti diritti naturali non scritti , di cui parla Sofocle nella tragedia Antigone, tra cui il diritto alla casa, riconosciuto implicitamente dalla Costituzione all’art 2, dalla Giurisprudenza della Cassazione e dalla dottrina prevalente ( Ferrando Mantovani), credo sia giusto pretendere e battersi affinchè lo Stato soddisfi questo diritto e che in difetto i cittadini attuino delle forme di disobbedienza civile che portino a tutelare e a soddisfare il diritto alla casa .
Credo che in questi casi ricorra una discriminante a favore di chi si batte per soddisfare questo diritto
Ferdinando Imposimato

 

Giù le mani dalle lotte (comunicato di Sinistra Capitalista-Brescia)

In coerenza con quanto già pubblicato il 15 febbraio (Una sentenza ingiusta e contraddittoria),

Sinistra Anticapitalista di Brescia esprime la propria totale ed incondizionata solidarietà ai compagni Claudio Taccioli (militante della nostra organizzazione), Beppe Corioni e Elena Nodali, condannati, con una sentenza assurda da parte di una giudice che non teme, evidentemente, il ridicolo, rispettivamente a 12, 10 e 6 mesi di carcere. La loro colpa? Aver espresso solidarietà, non solo a parole, ma con la mobilitazione, ad una famiglia sfrattata a Mazzano nel 2013. Questa sentenza, completamente priva di legittimità persino dal punto di vista giuridico, dimostra che l’apparato repressivo dello stato borghese ha intenzione di dare un giro di vite nella repressione del movimento contro gli sfratti, attivo ormai da 7 anni nella nostra provincia, non tollerando nemmeno le forme più pacifiche di contestazione della logica del profitto. Come rivoluzionari, non abbiamo MAI avuto fiducia nella presunta obbiettività della “giustizia di classe”. Ciò nonostante, in presenza di rapporti di forza più favorevoli al movimento dei lavoratori (come negli anni Settanta del secolo scorso), era stato possibile strappare, anche su questo terreno, conquiste e miglioramenti, che, per l’inerzia tipica delle istituzioni, erano continuati anche nel decennio successivo e, persino, sebbene sempre più flebilmente, oltre. Da tempo è chiaro che, su questo terreno “giuridico”, come su tutti gli altri, il capitalismo torna sui suoi fondamentali: chi si ribella va punito, e duramente! Questa è la solita, vecchia “giustizia di classe”. A cui si deve rispondere con il massimo di unità e di determinazione da parte di TUTTE le organizzazioni che si battono contro il capitale ed il suo Stato. Nel caso specifico le due strutture che si battono contro gli sfratti nella nostra provincia: il Comitato Anti Sfratti Diritto alla Casa (a cui appartengono Claudio e Beppe), e l’Associazione Diritti per Tutti (a cui appartiene Elena). NO ALLA REPRESSIONE! GIU’ LE MANI DALLE LOTTE! FRONTE UNICO DI TUTTI GLI SFRUTTATI E GLI OPPRESSI!

Sinistra Anticapitalista, circolo “Guido Puletti” – Brescia

 

 

“ Il segreto è che siamo sognatori, siamo utopistici, ma non di quei sognatori che stanno sempre con il cuscino sotto la testa sulla veranda di casa, siamo sognatori con i piedi piantati per terra, siamo sognatori con gli occhi bene aperti, siamo sognatori che conoscono gli amici e conoscono i nemici”