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Achtung Banditen 2017 – Partigiani nella metropoli

 

Settantadue anni dalla Liberazione. Ma anche quarant’anni dal 1977. E, sopra ogni cosa, cento anni dalla Rivoluzione. Le stelle dicono che è l’anno buono. Bisogna organizzarsi, fare presto, farci trovare pronti. La lotta al fascismo, ai fascismi mascherati, alle nuove destre reazionarie che soffiano sul fuoco della guerra fra poveri, ci impegnano quotidianamente in quelle periferie nelle quali viviamo, lavoriamo, amiamo e lottiamo. Per questa ragione ricordare il 25 aprile non è uno sforzo di retorica celebrativa, ma pratica quotidiana. E’ sopravvivenza e necessità, ed è così che intendiamo la lotta al fascismo oggi. Giunto alla quinta edizione, l’Achtung Banditen Festival è l’Appuntamento antifascista romano, il luogo e il tempo dove ragionare di politica, dove incontrare compagni da tutta Europa, dove ascoltare musica resistente e garantire la solidarietà economica a tutti i compagni inquisiti per antifascismo. Le quattro edizioni precedenti hanno segnato l’inizio di una tradizione popolare e militante. Questo è l’anno in cui moltiplicare sforzi e successi.

Non un passo indietro, ieri come oggi.

L’idea del festival antifascista nasce da una duplice necessità.

La prima necessità è quella di ricostruire un immaginario antifascista. Se il movimento arranca e soffre tra le pieghe della società e delle sue trasformazioni, un’altra delle cose importanti da fare ci sembra essere quella di capire perché sia scomparso dal nostro orizzonte politico un immaginario capace di tenerci uniti, nonostante le mille piccole differenze che ci contraddistinguono. Come fare per ritrovarlo? per coltivare ancora una visione comune delle cose, dei nostri obiettivi? Come ridarci degli obiettivi di lungo periodo che ci consentano anche una più sensata interpretazione di tutto ciò che succede nella realtà dei territori che attraversiamo, e che evidentemente non abbiamo più gli strumenti per capire? Di una cosa siamo certi, la musica ribelle, una cultura libera ed indipendente, la letteratura e l’approfondimento teorico, possono dare un contributo fondamentale.

 

La seconda riguarda, soprattutto all’interno di questa nuova fase repressiva, il dovere di sostenere le spese legali, sempre più ingenti e soffocanti, sia per pagare il lavoro dei nostri avvocati, sia per fare fronte alle continue sanzioni e ammende che colpiscono la nostra agibilità politica. Raddoppiando lo sforzo, speranzosi anche del risultato, abbiamo deciso di raddoppiare i luoghi oltre che le iniziative del festival. Tanti saranno gli appuntamenti di avvicinamento e due saranno i luoghi principali in cui il festival avrà luogo, con l’obiettivo di espanderne ancor di più la portata. Il 24 aprile, l’Acthung Banditen, tornerà al L.O.A. Acrobax, storico centro sociale della capitale nei pressi di quella Porta San Paolo simbolo della Resistenza romana, che ne ospiterà la prima giornata. Una giornata di sport popolare antifascista antirazzista e antisessista, come quello che vi si pratica tutti i giorni dell’anno, una serata di musica e parole per non dimenticare e per rivendicare l’importanza dei tanti spazi liberati, che resistono ogni giorno in una città, che arranca e si incattivisce e dove le istituzioni rispondono a suon di sfratti, sgomberi e privatizzazione dei servizi pubblici locali. Mentre la seconda si terrà il 5 maggio all’Università La Sapienza, da sempre laboratorio politico e centro propulsore della sinistra antagonista. Un’università smembrata, atomizzata e precarizzata dalle ventennali riforme strutturali che, dopo aver determinato alcuni dei più importanti momenti di rottura prodottisi in questo paese, continua a non essere normalizzata e pacificata. Per questo motivo ha senso organizzare dentro l’università il Festival Antifascista romano per eccellenza; per costruire immaginario, per essere punto di riferimento, per continuare a produrre quella rottura con la pacificazione imposta dal Governo e dall’apparato amministrativo tra i più corrotti al mondo.

Tra le due date principali numerose saranno le iniziative che verranno prodotte, perché Achtung Banditen non può essere limitato a una o due date l’anno, ma deve dilatarsi nel tempo e nello spazio, perché tutte e tutti lo sentano proprio e vi si riconoscano. Perché se è vero che l’antifascismo non è un’ideologia ma una pratica forte ed unificante che sta alla base del nostro agire, è necessario praticarlo tutto l’anno.

Roma 2017
Zona infestata da partigiani

Nonostante tutto

 

Nonostante la Questura di Roma avesse da settimane fomentato un clima terroristico impedendo di fatto qualsiasi partecipazione “extra-militante”; nonostante tutto il campo della sinistra compatibile abbia lavorato per delegittimare le ragioni del corteo contro le politiche criminali della Ue; nonostante l’universo mediatico, senza eccezione alcuna, abbia censurato qualsiasi ragione politica e aizzato ogni peggiore repulsione verso il corteo anti-euroliberista, la manifestazione di ieri si è imposta come principale fatto politico della stagione. Ha oscurato ogni altra manifestazione – dalle celebrazioni ufficiali alle ridicole sfilate europeiste – con la forza dei numeri: più di 10.000 lavoratori, migranti, precari e studenti hanno dimostrato la propria avversione alle politiche Ue in una Roma mai come ieri blindata oltre l’inverosimile. Un successo oltre le aspettative, tenuto conto del boicottaggio mainstream trasversale e politicamente unificante, che rendeva impossibile solidarizzare materialmente con la manifestazione. La lotta all’Unione europea, al liberismo intrinseco delle sue istituzioni, da ieri è all’ordine del giorno della sinistra antagonista: un passaggio decisivo e qualificante che ha avuto la forza di affermarsi contro tutti i tentativi di pacificazione interessati. Se nei numeri possiamo dirci allora soddisfatti, sul piano più generale dei rapporti democratici e dell’agibilità politica l’atteggiamento del governo, della Polizia e della politica tutta segnano un punto di non ritorno di una gravità inaudita. Mai si era visto un corteo pacifico tagliato in due da cariche “preventive”. Mai si erano visti fogli di via comminati senza specifico reato contestato; mai si era assistito alla chiusura di ogni possibile manifestazione concreta di dissenso come ieri in piazza. E tralasciamo i pullman fermati nella mattinata, tenuti reclusi nel centro di identificazione di Tor Cervara e rilasciati a manifestazione finita, senza alcuna motivazione plausibile. Il vertice europeista imponeva una gestione, per l’appunto, “europea” della piazza, ma ieri tutta – ripetiamo: tutta – la democrazia italiana ha segnato un passo indietro senza precedenti. Chi da oggi non denuncerà il livello repressivo messo in pratica ieri con la reclusione forzata e, ribadiamo, preventiva e immotivata, di un intero pezzo della manifestazione, non solo certificherà il carattere reazionario del proprio posizionamento, ma contribuirà attivamente alla chiusura di ogni possibile agibilità politica dei movimenti nei prossimi anni. Ciò che è avvenuto ieri riguarda tutti, non solo le vittime dirette di un accanimento repressivo senza precedenti. E’ peraltro coerente con un’impostazione già in atto, e che vede nel decreto Minniti la formalizzazione di una gestione dell’ordine pubblico completamente “tecnicizzata” e quindi sottratta al confronto politico. Un clima che impone una riflessione al di là delle differenze politiche, perché in gioco c’è la possibilità stessa di manifestare, di fare politica, di tradurre le proprie idee in pratica, e questo scavalca i posizionamenti e la frammentazione attuale. Da ieri la lotta all’Unione europea riparte più forte di prima, ma il livello della democrazia sostanziale di questo paese ne esce con le ossa distrutte, ed è un problema collettivo e non dei soli manifestanti fermati.