Dopo anni di discussioni e confronti con compagni appartenenti alle più svariate realtà di sport popolare, è emerso un quadro abbastanza chiaro e comune, riguardo ciò che potrebbe essere inquadrato come un modello ideale del così detto “pugilato popolare”.
Crediamo utile in tal senso lavorare per raggiungere un denominatore comune che permetta l’apprendimento e la pratica di questo sport all’interno di un ambiente che sia: prima di tutto “sano”, sia a livello sociale e strettamente sportivo che a livello politico e più accessibile a livello economico, dato il momento storico che stiamo vivendo.
Facendo spesso queste realtà riferimento a strutture di movimento, dal punto di vista politico la messa in pratica di questi progetti, si traduce in una lettura che fa riferimento alle basilari e famose “tre A”, vale a dire Antifascismo, Antirazzismo e Antisessismo.
Un altro aspetto importante e non trascurabile che è emerso nei momenti di confronto, riguarda il così detto “approccio all’agonismo”, che per ora si può tradurre in un processo che porti a reagire contro il monopolio opprimente della Federazione Pugilistica Italiana.
Si da il caso che sia comunemente risaputo che non possa esistere una possibilità “legale” o quanto meno “regolare” di praticare questo sport, in senso agonistico e non, se non attraverso supporti o strutture federali. Ora, non si tratta di voler per forza puntare i piedi e dire che “la federazione fa schifo” e quindi “vogliamo per forza praticare questo sport come ci pare”, ma si tratta di aprire gli occhi e rendersi conto che quanto la federazione ha offerto e sta offrendo tuttora è un sistema carente e poco attento, che da decenni a questa parte non sta facendo altro che affossare uno sport straordinario, che meriterebbe invece attenzioni di ben altra natura.
I modelli di reazione da parte delle strutture popolari sono di fatto principalmente tre:
1) c’è chi ha deciso di federarsi ufficialmente cercando di portare un nuovo modo di concepire il pugilato direttamente all’interno dei movimenti federali;
2) c’è chi ha deciso di ignorare in maniera totale le disposizioni federali mettendo in pratica una sorta di “agonismo clandestino”;
3) infine c’è chi si sta muovendo nella direzione di creare un’alternativa alla federazione che sia “regolare” e quindi riconosciuta, procedimento che nel nostro paese è già da lustri normalità per qualsiasi altra disciplina sportiva (compresi tutti gli altri sport da contatto, per altro) a parte il tennis.
È indubbiamente ingiusto che tante realtà popolari, che stanno dimostrando con i fatti una passione e una competenza straordinaria, non possano essere regolarmente riconosciute come organi competenti per la diffusione e la pratica del pugilato. È ulteriormente più forte la necessità di fare in modo che queste realtà trovino il modo di essere non solo riconosciute, ma tutelate e, dal momento che di pugilato parliamo, assicurate.
Sono sempre più spesso queste realtà, non quelle federali, a rispettare quelli che andrebbero riconosciuti come i valori innegabili ed universali che il pugilato esprime, in qualità di sport che nasce di fatto dal basso ed è basato sul rispetto e sulla correttezza. Sempre più spesso invece le manifestazioni federali e le strutture stesse si stanno facendo portabandiera di ben altri valori: annientamento dell’avversario, elitarismo, verdetti fasulli o raccomandazioni. Inoltre diventano di frequente un bacino spesso attraente per “sottoculture di destra”: è insomma lo specchio fedele di quello che rappresenta il nostro paese, per lo meno a livello istituzionale.
Non si può di fatto negare che le realtà popolari esprimono sia di valori di tutt’altra sostanza, che un inevitabile repulsione e indignazione verso quel sistema fallimentare e malsano di cui si è discusso sopra.
Per questi motivi si sta lavorando alacremente per far sì che queste realtà possano avere la possibilità di confrontarsi all’interno di un contenitore comune che consenta di poter crescere insieme, in quanto ci si trova di fronte a un caso in cui l’unione farebbe veramente la forza, soprattutto per le realtà più nuove e piccole.
La proposta che sarà presentata all’interno dei tre importanti appuntamenti di Bergamo il 22 febbraio, di Roma l’8 di marzo, e infine di Brescia il 5 aprile, sarà quella di costruire una rete, o comunque un coordinamento “nazionale”, che possa essere interpretato come terreno comune di discussione.
Crediamo però fondamentale che ogni palestra continui a mantenere la sua di autonomia decisionale: si cercherà invece di trovare accordi per lo meno sugli assiomi di quello che dovrebbe portare ad un evoluzione concreta di apprendimento e pratica del pugilato, nelle vie qui sopra descritte.
Ovviamente ci si augura una presenza di realtà di sport popolare in generale, e di pugilato popolare in particolare, che sia il più significativa possibile, proprio perché il confronto che nascerà possa essere costruttivo e variegato: siamo convinti infatti che questo sia il momento giusto per affondare il colpo!
Alcune palestre popolari