Dopo “La battaglia del Sonclino”, si trasmette un triplice contributo memoriale per la commemorazione del 75° anniversario della Liberazione dal nazifascismo, che quest’anno per la prima volta non si potrà celebrare solennemente insieme in piazza.
Una Liberazione costata davvero assai cara alle forze antifasciste e partigiane, il cui prezzo in sacrifici e vite umane non è possibile rimuovere e dimenticare. Solo la 122ª brigata Garibaldi ha un conto di 82 morti (74+8) e 40 feriti (23+17).
Una vittoria sul nazifascismo italiano, quella della Resistenza, risultata però ben presto amara per tanti partigiani, soprattutto di fede comunista, che han visto sfumare sotto i loro occhi il sogno di una società profondamente diversa, decisamente mutata rispetto al modello precedente.
Da qui le loro critiche, messe in luce nelle risposte ai quesiti finali del questionario Parri (quesiti N. 23, 24, 25).
A scopo documentativo, presentiamo i seguenti contributi storico-culturali riferiti alla sofferta storia della 122ª brigata Garibaldi, PER NON DIMENTICARE.
Il contributo memoriale è costituito dai seguenti N. 3 allegati:
1) Documenti inediti della 122ª brigata Garibaldi dopo la Liberazione
2) Il rastrellamento di Camaldoli e monte Quarone (27 e 28 ottobre 1944)
3) Il rastrellamento del monte Fratta (28 ottobre 1944)
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LA STRAGE DI SAREZZO
LE COMPAGNE E I COMPAGNI DI SINISTRA ANTICAPITALISTA DI BRESCIA A FIANCO DEL “CS 28 MAGGIO”.
(il 13 aprile 2017, la solita mano fascista ha oltraggiato il murale esterno del “ Centro Sociale 28 maggio” di Rovato con croci celtiche e svastiche).
FASCISTI CAROGNE TORNATE NELLE FOGNE
Ci fu quel tempo quando fummo convinti che la forza delle ragioni, di palese evidenza, potesse, di per sé, mutare le coscienze deviate e le menti ottenebrate.
Ci fu quel tempo in cui le nostre speranze illuministe si scontrarono con la pervicace realtà delle ideologie (totalitarie, patriarcali, violente e razziste) e dei loro portatori insani; impermeabili a qualsiasi dimostrazione dI insopportabile inadeguatezza.
Ci fu quel tempo di azioni urgenti per arricchire le idee di concrete solidità. Restammo, comunque, sorpresi che esseri umani dotati di un normale apparato cognitivo potessero essere impregnati di pensieri e pratiche fuoriuscite dal ventre grottesco delle sterili filosofie nazifasciste del Novecento occidentale. Fino al punto, di uccidere e morire, ancora, per esse!
Pur nella sorpresa, preferimmo vederli impossibilitati e incapaci di nuocere nuovamente.
Le stesse ragioni resistenti ci spinsero, malgrado tutta la bontà praticata e raccontata, a affrontare i neofascisti, anche, sul terreno dello scontro fisico. Così com’era capitato alla generazione dei padri; quella della Resistenza.
Sempre con la speranza che fossero gli ultimi sussulti di una bestia morente.
Ma come aveva predetto il poeta, la bestia, pur nella sua morte, è in grado di partorire nuove generazioni di “teste di cazzo”.
Non capiscono, rifiutano le evidenze, ripetono ordinati gli stessi slogan. Le medesime cianfrusaglie ideologiche dei padri (loro).
In qualche misura, sono consoni con le nuove politiche liberticide. Gli sbirri li comprendono e, pertanto, li tollerano. In fondo, i picchiatori nazifascisti sono l’estrema ratio, per quando diventa improrogabile colpire, senza fronzoli, chi si oppone senza tregue ai manovratori designati. Così fu e sarà, quando verrà ritenuto utile.
Sono conosciuti e tenuti d’acconto. Sgridati se esagerano, magari; ma lasciati liberi di provocare, di insozzare coi loro scritti, di aggredire.
In particolare, a Rovato e dintorni, s’aggirano da anni a proclamarsi come gli eredi di quei bravi ragazzi salodiani; cui, addirittura, un sindaco camerata dedicò una via.
Più volte hanno colpito il CS 28MAGGIO e l’altra sera l’hanno fatto ancora.
Svastiche e croci celtiche hanno insozzato, minacciose, il centro sociale.
Sono davvero insopportabili. Dovremmo deciderci a spazzarli via; a snidarli dai loro covi merdosi.
Dovremmo farlo direttamente, perché non abbiamo alcuna fiducia in questo Stato che li ha sempre utilizzati per i suoi fini e, al contrario, continua a punire chi compie “reati di umanità e di solidarietà”.
Qui, dalle nostre parti, dove la ferocia capitalista si incrocia, da sempre, con quella fascista e razzista (28 maggio 1974), è sempre il tempo della Resistenza e delle scelte partigiane.
Oggi più che mai, abbiamo bisogno di azioni buone e solidali a fianco degli ultimi, dei dannati, dei poveri e degli sfruttati. Un agire che prefigura, in sé, un altro modo di vivere e contesta, nel profondo, i meccanismi autoritari e violenti, determinanti l’attuale.
Abbiamo bisogno di questa compassione dentro la critica strutturale al Capitale e allo Stato. Di un agire diretto e diffuso e buono.
E di vigorosi combattenti di strada, naturalmente!
Solidarietà al Centro sociale 28 Maggio di Rovato
Il Coordinamento antifascista e antirazzista della Valtrompia esprime la propria solidarietà al Centro sociale 28 Maggio di Rovato colpito per l’ennesima volta da mano nazifascista mediante l’imbrattamento con svastiche e croci celtiche tracciate sopra il nome identificativo dipinto a colori sul muro esterno alla struttura.
Il fatto è avvenuto la notte fra il 13 e il 14 aprile, alla vigilia dell’incontro previsto con Giorgio Cremaschi, Nicoletta Dosio e Sergio Pezzucchi sul tema “Europa: dallo stato sociale allo stato di polizia”. La provocazione messa in atto è l’ultima di una serie di azioni che testimoniano la presenza sul territorio di formazioni nazifasciste che vogliono agire e riorganizzarsi in senso antidemocratico e marcatamente anticomunista, cioè contro chi è in prima fila sul fronte antifascista e antirazzista, contro chi promuove iniziative di formazione politica, culturale e di sensibilizzazione sociale.
Il Centro 28 maggio evidentemente è un punto di riferimento che potenzia le istanze innovative provenienti da più parti e che nel contempo cerca di contrastare politiche amministrative razziste e autoritarie che non sembrano opporsi adeguatamente ai tentativi di condizionamento delle nuove destre, venendo meno al lascito resistenziale e ai principi costituzionali.
Il Coordinamento della Valtrompia si affianca pertanto rafforzativamente all’operato dei compagni del Centro sociale 28 maggio, in un progetto di nuova resistenza e di reinvenzione della democrazia.
Coordinamento antifascista e antirazzista della Valtrompia
15 aprile 2017
Un anno dopo, Casapound chiama la Questura risponde
Cinque giorni dopo la grande e “pericolosa” manifestazione del 25 marzo, stamattina diciassette compagni sono stati arrestati per antifascismo. Diciassette compagni arrestati col solito manuale Cencelli della repressione: Degage, Esc, Acrobax, Alexis e Militant le strutture colpite, ovviamente non a caso. Chi in questi anni si è mosso davvero nella lotta antifascista ne paga le conseguenze materiali, con buona pace dei social chiacchieroni. Due cose però saltano all’occhio anche al meno avvezzo alle cose della politica: diciassette misure cautelari comminate un anno dopo gli eventi costituiscono un vulnus particolare anche in tempi di stretta repressiva come questi. Quale giustificazione legale, quale razionalità giudiziaria si cela dietro a questo accanimento eccessivamente postumo? Ovviamente nessuna, ma al tempo stesso risponde alla logica delle misure cautelari comminate in questi anni. In assenza di prove e con la certezza dell’assoluzione nei processi, i Pubblici ministeri procedono alla vendetta cautelare, facendo scontare preventivamente pene che sanno di non poter provare in sede di giudizio. Una dinamica tipica di questi anni, e che andrebbe smascherata e combattuta non solo dentro le fila del movimento, ma anche da quella “presunta” magistratura “democratica” che si riempie la bocca di legalità e democrazia ma che, al dunque, favorisce abusi giudiziari di questo tipo.
La seconda evidenza di questi arresti è la loro vicinanza alla manifestazione contro l’Unione europea liberista del 25 maggio. E’ la risposta politico-repressiva a quel corteo, la mossa che in qualche modo ci aspettavamo di fronte all’assenza di scontri. Anzi: proprio l’assenza di incidenti ha consigliato alla repressione di agire non solo preventivamente (come abbiamo visto sabato scorso), ma “a prescindere”, cioè in assenza di fattispecie. In altre parole, erano arresti messi in preventivo: sfuggita l’occasione del 25 marzo, ecco recuperare la manifestazione antifascista dello scorso anno, tanto sempre i soliti compagni sono. Il pretesto lo si sarebbe comunque trovato, l’importante è il segnale: non si scherza più. E, in secondo luogo: non si scherza più con Casapound, che è a tutti gli effetti un soggetto politico considerato legittimo e quindi intoccabile.
C’è urgenza di uscire dall’angolo in cui vuole costringerci la politica repressiva della Questura e del Pd. Cosa hanno da dire i paladini delle legalità, da Sinistra italiana al M5S, da Pisapia all’Anpi – che pure era l’organizzatore di quella manifestazione – su questi arresti per antifascismo? Questi arresti coinvolgono tutti, perché ad essere perseguita non è questa o quella linea politica ma una pratica antifascista che a Roma è sempre stata terreno di convergenza oltre le differenze politiche di ciascuno.
Vi racconto la vita sotto la rivolta di Maidan
Vi racconto la vita sotto la rivolta di Maidan
L’insensatezza della rivolta. La distruzione dei monumenti. Gli omicidi. I pestaggi. Le rapine. Uno straordinario reportage di una Kiev che non vi hanno mai raccontato [Elena Saftenku] Redazione venerdì 2 maggio 2014 15:04 Commenta Da quando è iniziata la protesta di Maidan i pestaggi per le strade di Kiev sono diventata cosa ordinaria. Non sono cessati nemmeno con la vittoria dei rivoltosi.di Elena Saftenku
Kiev. Avevo una collaboratrice. Si chiamava Shevko Alla Nikolaevna. Era un’anziana scienziata dell’istituto di Fisiologia A.A. Bogomolez di Kiev. È stata uccisa lo scorso 5 di marzo, nel suo appartamento. Non era un’eroina e non aderiva ad alcun partito. Alla Nikolaevna è stata vittima del colpo di Stato. Una vittima come molti altri, di cui nessuno scriverà.
Alla Nikolaevna da quasi venti anni dirigeva il dipartimento di informazione scientifica. Aveva il compito di preparare le conferenze del nostro istituto, prendeva la parte nella creazione dei film scientifici, si occupava dalla biblioteca e dei servizi scientifici internazionali.
Orrore a Odessa! Nazi bruciano vive 43 persone
Orrore a Odessa! Nazi bruciano vive 43 persone
Bande di Settore destro assaltano e danno fuoco alla sede del sindacato occupata da giorni da separatisti russofoni. Chi è morto bruciato, chi si è lanciato nel vuoto. [Franco Fracassi] Redazione sabato 3 maggio 2014 11:27 Commenta Uno dei sopravvissuti al pogrom portato via dai vigili del fuoco.
Il rogo dell’edificio sede dei sindacati
Due delle vittime morte nell’incendio all’interno dell’edificio.
Un miliziano nazista di Settore destro lancia una molotov nel palazzo in fiamme.
Le vittime della strage erano ritenute colpevoli dagli assalitori di non essere nazionaliste ucraine.
di Franco Fracassi
L’orrore va di scena a Odessa. I nazisti del Settore destro hanno preso d’assalto la sede dei sindacati, occupata da giorni dai separatisti russofoni. L’hanno presa d’assalto con spranghe, molotov, coltelli e pistole. Protetti dalla polizia. Pochi minuti ed è scoppiato l’inferno. Almeno dieci persone sono morte sotto i proiettili, le coltellate e le sprangate degli assalitori. Altre, la maggior parte, sono arse vivi, in un rogo che si è sviluppato in tutto l’edificio, oppure si sono lanciate nel vuoto. Un’ecatombe. Quarantatré morti. Centosettantaquattro i feriti, di cui tanti gravissimi. Ma è solo un bilancio provvisorio.
Neofascismo e antifascismo negli anni Settanta
RLN-15-05-2014: La manifestazione antifascista e antirazzista di Lumezzane
BOXE POPOLARE: PRIMI PASSI VERSO UN COORDINAMENTO NAZIONALE
Dopo anni di discussioni e confronti con compagni appartenenti alle più svariate realtà di sport popolare, è emerso un quadro abbastanza chiaro e comune, riguardo ciò che potrebbe essere inquadrato come un modello ideale del così detto “pugilato popolare”.
Crediamo utile in tal senso lavorare per raggiungere un denominatore comune che permetta l’apprendimento e la pratica di questo sport all’interno di un ambiente che sia: prima di tutto “sano”, sia a livello sociale e strettamente sportivo che a livello politico e più accessibile a livello economico, dato il momento storico che stiamo vivendo.